Perché una banca organizza una mostra sulla propaganda di guerra?


Ma perché mai una banca (tra l’altro Intesa-San Paolo, ma di questo parliamo dopo) organizza una sfarzosa mostra, patrocinata dal ministero della Difesa, sulla propaganda nella Grande guerra? Una mostra tutta basata sui manifesti inneggianti alle sottoscrizioni popolari per sostenere lo sforzo bellico. E cioè su una campagna pubblicitaria che – come accenna un rigo tra le tante tavole che affollano Palazzo Zevallos Stigliano, a Napoli, sede della mostra – fu un fallimento: gli Italiani, nonostante il talento di cartellonisti come  Mauzan o Barchi, infatti, continuavano a non volere la guerra. Questa, invece, fu imposta da una ben più efficace propaganda – basata su menzogne come “I Tedeschi che mozzano le mani ai bambini belgi” – che riuscì in pochi mesi a staccare l’Italia dall’Alleanza con l’Impero austro-ungarico e trascinarla in un conflitto a fianco della Francia e dell’Inghilterra. Una propaganda condotta a suon di mazzette pagate da industriali e banchieri ai giornalisti.

A proposito. Certamente “Le colpe dei Padri non ricadono sui Figli” ma il Credito Italiano, il Banco di Roma, la Banca Commerciale Italiana, la Banca Italiana di Sconto – che agli albori della Prima guerra mondiale corrompevano i giornalisti per perorare l’ingresso dell’Italia nel conflitto – sono o non sono le antenate della attuale holding Intesa-San Paolo?  E non sarebbe una cosa simpatica se, durante una delle tante visite di scolaresche previste per i cinque mesi della mostra, qualcuno di Intesa-Sanpaolo non ravvivasse l’atmosfera con un “Ehi ragazzi! A proposito di propaganda e Prima guerra mondiale. Queste fotocopie vengono dai nostri archivi: sono le mazzette che pagavamo ai giornalisti de La Stampa e de Il popolo d’Italia.

Una pia illusione? Forse si, come quella suscitata da un’altra iniziativa  di Intesa-Sanpaolo. E allora? Allora tutti i salmi finiscono in Gloria: consoliamoci gustandoci una vera mostra dedicata alla Prima guerra mondiale: “Cento anni di guerre” – che – senza un centesimo di sponsorizzazione né delle banche né dell’ineffabile Comitato per il Centenario della Prima guerra mondiale –  la Rete Napoli NoWar sta tenendo anche in numerose scuole.  E se volete saperne qualcosa di più o prenotare la mostra clikkate qui.

Francesco Santoianni

 

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