Fatta la chiave, trovato l’inganno: l’evoluzione delle tecniche di scasso

forzare_serraturaIl più grande è stato Alexandre Marius Jacob. Autoproclamatosi “ladro dei ladri”, nessuna cassaforte riusciva a resistergli e questo anarchico che imperversò nella Parigi di fine secolo (ispirando a Maurice Leblanc il personaggio di Arsene Lupin) ancora oggi è considerato una sorta di “angelo custode” dagli scassinatori. I serraturieri, dall’altra parte, si tengono stretto il loro protettore – Sant’Eligio – che, nel settimo secolo, si distinse per la sua abilità nel costruire forzieri.

La lotta tra serraturieri e scassinatori va avanti da cinque mila anni, da quando, cioè, è stata inventata la chiave. La prima doveva consistere in un semplice bastone di legno ricurvo che infilato in una fessura della porta permetteva di spostare, dall’esterno, una spranga posta sul lato interno. Col tempo il ferro ha preso il posto del legno e qualcuna di queste primordiali “chiavi” è giunta fino a noi. Ma, nonostante le loro curvature, che si infilavano in percorsi scavati nella porta, queste “chiavi” non dovevano costituire un grande ostacolo agli scassinatori visto che già 4000 anni anni fa in Mesopotamia, come attestato dagli scavi nel tempio di Sargon a Khorsabad, si costruivano serrature basate su un sistema perpetuatosi fino ai nostri giorni: una chiave, costituita da un certo numero di puntali disposti a pettine, poteva ruotare, e quindi azionare la molla che faceva slittare il piolo di fissaggio, soltanto in una serratura con impronta speculare. Sembrava che il meccanismo garantisse una assoluta sicurezza ma gli scassinatori si affrettarono a costruire ferri uncinati che infilavano e ruotavano nelle scanalature della serratura; erano nati i grimaldelli che, ancora oggi, costituiscono lo strumento principe di ogni “topo” (di albergo o di appartamento) che si rispetti.

L’utilizzo dei grimaldelli doveva essere molto diffuso nella Roma imperiale, considerando gli sforzi dei “magistri clavarii” (serraturieri) che si affrettarono ad inventare svariati meccanismi di bloccaggio, quali quello a rotazione, a doppia spinta, a sollevamento… Prodotte inizialmente con la forgiatura, ribattendo cioè il ferro arroventato per fargli assumere la forma desiderata, le prime chiavi erano costituite da numerosi puntali e pesavano talmente tanto che uno schiavo, detto portiarius, era incaricato di portarle sempre appresso al padrone. Più tardi la tecnica, detta “a cera persa”, effettuata colando in uno stampo il bronzo o il ferro fuso, permise di realizzare una piccola chiave, detta sigillo, destinata, per lo più, ai forzieri delle case dei patrizi. Il sigillo, sostanzialmente un anello con un pettine da infilare nelle guide della serratura, serviva in alcuni casi come timbro da imprimere sulla cera applicata ai documenti e ha dato origine ad una usanza giunta fino a noi; i ricchi Romani, infatti, usavano regalare l’inusuale anello alla propria moglie il giorno delle nozze a delega della gestione finanziaria familiare e a dimostrazione di stima e di fiducia (fides). Da questa tradizione sarebbe nata l’origine dello scambio degli anelli, detti, appunto, “fedi”, durante la cerimonia nuziale.

Le serrature romane dovettero dare talmente tanto filo da torcere agli effractores (ladri con scasso dell’epoca) che questi, messi da parte i grimaldelli, si specializzarono nello svellere i chiavistelli delle porte (claustra perfringere). Per questo scopo furono realizzati i dolabra (speciali attrezzi demolitori); uno di questi, l’extractor, composto da una serie di viti senza fine e corone dentate riduttrici, era capace, con l’ausilio di tiranti applicati con ganci alla piastra, di schiodare la serratura con il minimo sforzo e, soprattutto, senza molto rumore. La diffusione di questo strumento di scasso finì col consigliare ai proprietari di mettere le serrature al riparo installandole in un apposito alloggiamento ricavato, all’interno della porta.

Nel medioevo la serratura conosce una netta involuzione; solo nel sedicesimo secolo tornerà a quella perfezione meccanica conosciuta dai Romani. E, con la diffusione di quelli che ci si illudeva essere inespugnabili forzieri, ritornano gli scassinatori. Ad esempio, Benvenuto Cellini. “Ogni serratura difficilissima io sicuramente aprirrei, e maggiormente quelle di prigione, le quale mi sarebbono state come mangiare un poco di cacio fresco” afferma nelle sue memorie questo artista fiorentino passato alla Storia per la sua abilità nel lavorare il metallo e per le innumerevoli attività criminali. Nel sedicesimo secolo la diffusione della serratura a combinazione e la conseguente scomparsa della chiave, (sostituita da dischi che, messi in una precisa posizione, permettono l’apertura del forziere), rendendo inutili i grimaldelli, fa sperare che per gli scassinatori sia ormai finita. Ma non è così. In un verbale di processo tenutosi a Napoli nel 1586 lo scassinatore imputato, tale Castruccio, rivela come sia possibile, utilizzando la mano sinistra (più sensibile in quanto, solitamente, meno utilizzata e, quindi, con la pelle meno spessa e le fasce muscolari meno sviluppate) intercettare i pur piccolissimi rumori prodotti dal meccanismo di rotazione e identificare così la combinazione. È una tecnica tramandatasi fino ai nostri giorni e che è stata, recentemente, integrata dall’utilizzo di microfoni collegati ad una cuffia.

Messa momentaneamente da parte la serratura a combinazione, l’evoluzione della serratura a chiave conosce capolavori di ingegneria meccanica, come quelli realizzati dal celebre Jean Lamour, fabbro di Stanislao Leszczynski, fondatore, in Francia nel 1720, della prima ditta produttrice di casseforti. Nel diciottesimo secolo la chiave, e quindi la serratura, si trasforma da manufatto artigianale a prodotto industriale e gli “scoop” pubblicitari per conquistare nuovi mercati non mancano. Il più famoso è certamente quello del serraturiere americano Alfred Charles Hobbs che, alla Grande Esposizione di Londra del 1851, riuscì ad aprire in pochi minuti quella che era fino ad allora considerata la “inviolabile” serratura a doppia mappa, ideata dall’inglese John Chubb. Da allora le sfide per accaparrarsi un mercato in vorticosa espansione si moltiplicarono portando alla ribalta serraturieri quali August Fichet, James Sargent (inventore della serratura con apertura a tempo) e, soprattutto, Linus Yale. Ma nessuna delle pur portentose imprese di serraturieri che, vincendo le ingenti somme messe in palio, riuscivano ad aprire casseforti presentate fino a quel momento come sicure, è mai riuscita ad offuscare la fama del leggendario Houdini.

Figlio di un rabbino ungherese emigrato negli Stati Uniti, Houdini (il suo vero nome era Ehrich Weiss) all’età di undici anni, lavorando come garzone presso un fabbricante di serrature, apprese l’”arte dello scasso” che grazie alle sue eccezionali capacità raggiunse vette insuperabili. Le sue gesta hanno dell’incredibile. A Mosca, il 18 aprile1903, per conto dei banchieri Kirhoff, affrontò una cassaforte della quale era andata persa la combinazione. Per otto anni tutto, tranne la dinamite, era stato tentato per aprirla, Houdini ci riuscì in poche ore. L’11 maggio un’altra sensazionale impresa: la fuga dalla “Carezza d’acciaio”: una inumana carrozza di ferro usata dalla polizia zarista per deportare i prigionieri in Siberia. Alla esibizione non furono ammessi né giornalisti né fotografi e l’unico resoconto è quello scritto dallo stesso Houdini. <<Condotto nella tetra Butirskaya, la più sicura delle prigioni di Mosca, fui steso nudo su un tavolo dove fui ammanettato e perquisito attentamente da due poliziotti; infine, sempre nudo e ammanettato, fui scortato nel gelido cortile della prigione. Qui, si trovava la “Carezza d’acciaio”: sembrava una grossa cassaforte su ruote; costituita di pareti d’acciaio, aveva un’unica porta sul retro, con una finestrella chiusa da barre di ferro. Come concordato, fui chiuso lì dentro ammanettato e la camionetta fu voltata con il lato che presentava la porta verso un muro, dopodiché i poliziotti lasciarono il cortile. Quarantacinque minuti dopo ero libero e, copertomi alla meglio, raggiunsi la folla esultante di giornalisti e curiosi che si accalcavano fuori la prigione.>>

Come aveva fatto Houdini ad evadere? I suoi biografi hanno ipotizzato che con grimaldelli ed altri attrezzi (tra i quali, probabilmente, un piccolo specchio) precedentemente ingoiati era riuscito ad aprire le manette e poi, costruendo una struttura tubolare, era riuscito ad utilizzarli per attaccare la serratura della porta. Ma si tratta di supposizioni e il segreto di quella storica evasione è finito nella tomba con Houdini.

Come, invece, oggi operano oggi gli scassinatori è noto e, grazie ad una “banca dati” delle principali aziende serraturiere, le loro imprese vengono attentamente analizzate per realizzare nuove casseforti, caveau bancari, cassette di sicurezza… Nei pressi di Milano, addirittura, una azienda, la Sicur Gen, addestra all’”arte dello scasso” funzionari delle forze dell’ordine e dei servizi di sicurezza che, ogni giorno, si trovano a dover fronteggiare altrimenti inespugnabili casseforti e porte blindate. Negli Stati Uniti, poi, dettagliati manuali su come scassinare casseforti o serrature ad “alta affidabilità” possono essere tranquillamente acquistati – insieme a grimaldelli, endoscopi, microfoni per metallo…- da chiunque. Chi, invece, non ha la pazienza e l’abilità di cimentarsi con i grimaldelli può sempre acquistare (anche tramite Internet) trapani con punta diamantata ad alta penetrazione o la cosiddetta “lancia termica”: un attrezzo, realizzato con polveri di alluminio e di ferro, capace di fondere gli acciai al manganese delle casseforti. Cercando poi negli ambienti giusti è possibile procurarsi dell’esplosivo. Fino a qualche tempo fa, dopo aver sigillato con nastro adesivo il perimetro dell’apertura, si faceva scivolare dentro la nitroglicerina; oggi si preferisce realizzare la cosiddetta “carica cava”, cordoli a sezione triangolare di esplosivo al plastico, indirizzando l’onda d’urto verso le cerniere. In entrambi i casi, le migliaia di litri di gas che, in un decimillesimo di secondo, si espandono, alla velocità di 8.000 metri al secondo, possono scardinare qualsiasi blindatura.

Ma, esisterà mai una serratura “sicura”, capace di resistere, poniamo ventiquattrore, ad un qualsiasi scassinatore? Lo abbiamo chiesto all’ingegnere Adalberto Biasiotti, membro del Comitato di Certificazione per le casseforti dell’Istituto di Certificazione Industriale, e consulente del Ministero dell’Interno e di numerosi altri enti. <<Una pur sofisticata serratura può essere sempre aperta da uno scassinatore dotato di adeguata tecnologia e di abilità. E in un tempo sorprendentemente breve. Pensi che l’ALOA (Associated Locksmiths of America, l’associazione dei serraturieri americani) ha dovuto cambiare il regolamento dei “Campionati di scasso” che indice annualmente portando da una a tre le serrature che bisogna aprire in quindici minuti.>>

<<Ma come si fa a violare, ad esempio, la cassaforte di una banca?>>

<<Naturalmente sono costretto a sorvolare sui dettagli. Dunque, intanto lo strumento principe resta il grimaldello. Anzi, i grimaldelli perché devono essere almeno due: il primo, detto “palpatore”, rileva o modifica la posizione dei meccanismi interni; il secondo, detto “tensore”, fa ruotare il meccanismo di apertura. Per aprire alcune serrature il “palpatore” è sostituito dalla cosiddetta “chiave morbida”, per lo più di stagnola, sulla quale si imprime il profilo della serratura; in altri casi, invece, lo scassinatore introduce nella serratura una sottile fibra di vetro che, collegata ad una piccola telecamera, permette di identificare il profilo della serratura.>>

<<E per quanto riguarda le serrature azionate da componenti elettronici?>>

<<Sono meno sicure di quanto comunemente si immagina. I sistemi meccanici hanno una tradizione di almeno quattro mila anni e sono sistemi lineari, comprensibili, particolari sorprese non ne danno. Non così nelle serrature con componenti elettronici dove il collegamento tra chiave e sistema di apertura è mediato da un computer che può essere “accecato” e da un software che può essere, con alcuni sistemi, intercettato e copiato. Poi ci sono episodi davvero sconcertanti. Ad esempio, per molti anni è stata tenuta in commercio una serratura elettronica che garantiva sulla carta ottime prestazioni; poi si è scoperto che per aprirla bastava azionare nelle sue vicinanze un accendino piezoelettrico.>>

<<Poi ci sono le serrature a combinazione.>>

<<Certo, basta che la combinazione non sia quella di serie fornita dalla azienda che ha venduto la cassaforte. A tal proposito, mi sia consentito rivelarle qui un “segreto”: 25-50-75, 50-50-50, 20-40-60. Queste serie di numeri sono le combinazioni standard con le quali vengono consegnate al cliente le casseforti prodotte dalle tre principali aziende di casseforti italiane (che da sole coprono l’80 per cento del mercato). È sbalorditivo constatare come in moltissimi casi il cliente, (il quale pure potrebbe cambiare la combinazione con una certa facilità) per pigrizia mentale o perché non ha capito come si fa, conservi lo stesso numero. Meglio allora -anche rischiando di fare inorridire qualche distratto orefice o direttore di banca- divulgare questi numeri. Tanto gli scassinatori li conoscono già. >>

 Articolo di Francesco Santoianni

Fatta la chiave, trovato l’inganno

Pubblicato su Newton gennaio 2000

 

Un pensiero riguardo “Fatta la chiave, trovato l’inganno: l’evoluzione delle tecniche di scasso

  • 15 agosto 2013 in 17:08
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    La mia serratura con chiave lunga doppia faccia in uso da 10 anni non è più sicura, mi hanno consigliato di sostituirla con una dalla chiave a codici.
    Il mio parere sarebbe :oltre la serratura esistente,all’ interno della porta installare una spranga assente del cilindro in modo da renderla dall’ esterno invisibile,
    l’ apertura della sbarra per rincasare dovrebbe avvenire a mezzo del telecomando.
    Servirebbe una sbarra con pistoni, la fuoriuscita e il ritiro dei pistoni dovrebbero avvenire con una vite senza fine , tutto alimentato da un caricabatterie a 12v oppure a 24 v incorporato.
    Cercherò di trovare un oggetto simile.
    In tal modo i topi d’ appartamento anche aprendo la serratura resterebbero sorpresi da quale impedimento ?

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