Save the Children: dopo la bufala dei “bambini stuprati dalle truppe di Gheddafi” è arrivato il momento della Siria…

Save the Children. Dopo la sua  bufala dei bambini stuprati in massa dai soldati di Gheddafi credevamo avesse toccato il fondo. Ci sbagliavamo. Ora per spianare la strada ad un’altra guerra ci racconta che il 28 luglio  l’”ospedale pediatrico” di Idlib, nel Nord della Siria,  “sostenuto da Save The Children” è stato bombardato. Ma l’ospedale di Idlib non era stato già colpito il 30 maggio di quest’anno? Ma cos’è questa mania degli aerei di Putin e di Assad di bombardare gli ospedali pediatrici, visto che, già il  15 febbraio di quest’anno, ne avrebbero bombardato uno “nell’area di Idlib” e il 27 aprile  un altro ad Aleppo?

Per chiarire l’arcano ci viene incontro Repubblica secondo la quale il bombardamento del 28 luglio era finalizzato a uccidere  il capo di Jabhat Fateh al-Sham, (una banda di tagliagole che – almeno, in apparenza – si è scissa in questi giorni da Al Nusra), entrato nell’ospedale per “vedere la moglie che aveva appena partorito”. Certo, uno così, magari, lo si poteva pure colpire – poniamo – nell’auto che lo portava all’ospedale. Ma volete mettere il clamore di un ospedale pediatrico buttato giù per ammazzarlo?  Magari può servire come campagna di immagine per rendere presentabile Jabhat Fateh al-Sham: questa “nuova organizzazione di ribelli” sulla quale, per continuare la guerra alla Siria, oggi si appuntano le speranze dell’Occidente.

P.S. Visto che siamo, solo due parole per commentare il video e alcune foto in slides,  (postati su Twitter da Save the Children e riportate da Repubblica)  che dovrebbero documentare il bombardamento dell’ospedale di Idlib. Il breve video mostra, oltre a due ambulanze che corrono, un mucchio di macerie (che secondo Save the Children sarebbero dell’ospedale) davanti alle quali non c’è nessuno, nemmeno un soccorritore. Nelle foto, la 5 e la 6 – certamente scattate nell’area ripresa nel video – non si vede, anche in esse, nessun soccorritore. Le altre foto sono state scattate chissà dove. Tra queste, l’interno di un reparto di neonatologia dove il “bombardamento” non ha prodotto nemmeno una crepa nei muri o rotto un vetro.

Francesco Santoianni

 

(articolo già pubblicato sulla Rubrica “I Media alla Guerra” su l’Antiplomatico

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