Ebola: grati di essere ancora vivi

Ebola! Oggi è questa l’isteria massa. Come la “mucca pazza” dilagata nel 2000 per imporre in Europa il mais geneticamente modificato; come l’“influenza suina A/H1N1” del 2009: 16 milioni di euro di vaccini pagati alla Novartis (ora indagata per truffa); come la SARS del 2003: una campagna commerciale contro la Cina; come il “cetriolo killer” del 2011…

Ma, andiamo per ordine.

Questa isteria dell’Ebola nasce un paio di settimane fa a seguito di una serie di, apparentemente confuse, iniziative messe su dal premier britannico David Cameron. Non è la prima volta per Downing Street. Già nel dicembre 1999 Tony Blair consigliò per televisione ai suoi connazionali di fare incetta di scorte alimentari per fronteggiare il “caos” che avrebbe provocato il Y2K. Lo ricordate? Era il “Millenium Bug” che, avvelenando computer e reti informatiche, avrebbe gettato nel Medioevo l’umanità. Una minaccia, ovviamente, inesistente. Ma che servì a consolidare un preciso progetto: in Italia, ad esempio, quella fu la prima “emergenza” gestita dalla Sala Operativa dei Servizi Segreti.

Ma torniamo a parlare di Ebola. Sulla attuale inconsistenza di questa minaccia per l’Occidente, questa dichiarazione è certamente esaustiva. Ma, allora – se il rischio Ebola da noi può ritenersi infinitamente inferiore a tanti altri comunemente accettati e se la stessa ipotetica diffusione del virus Ebola, pur nelle varianti oggi conosciute, non determinerebbe, in una metropoli occidentale (come fu a Madison – Wisconsin nel 2000) nessuna catastrofica epidemia (con buona pace di un nugolo di scrittori catastrofisti, più o meno foraggiati dal Dipartimento di Stato USA, o della sempre più sospetta “Medicin sans Frontieres) – perché la “paura di Ebola” sta dilagando? Per spianare la strada ad un “intervento umanitario” (con soldati e tutto il resto) nell’Africa centro occidentale? No per quello sono più che sufficienti le bufale diffuse dalle tante ONG. Per il solito giro di mazzette su vaccini e tutto il resto? No. Al momento questa appare improbabile come motivazione. Per alimentare un movimento xenofobo. Ni. Anche se questi allocchi della Lega sono solo pedine inconsapevoli di un gioco molto più articolato.

E allora perché? Potrei, a questo punto, spararvi le soporifere considerazioni di qualche, pur bravo, sociologo, ma preferisco le lapidarie parole di David IckeÈ lo schema: problema, reazione, soluzione. Inventano o ingigantiscono un problema chiedendo “collaborazione” alla popolazione. <<Usate il preservativo! Non mangiate questo o quello! Controllate subito sintomi sospetti! Non fatevi prendere dal panico!… >> Tutto per creare un asservimento psicologico e quindi politico. Così la gente da’ carta bianca a scienziati, governanti, militari, forze dell’ordine… e finisce per accettare con gratitudine misure che il Potere aveva pianificato da tempo per tutti altri scopi.”

OK! Icke è pure quello dei “Rettilinani”, ma, qui, ha assolutamente ragione. E, non a caso, il regno di Ronald Reagan (due mandati presidenziali) è stato consolidato dalla più grande psicosi di tutti i tempi: quella dell’AIDS. Tra l’altro ricorrere allo stratagemma di imminenti catastrofiche epidemie presenta indubbi vantaggi. “Ma lei se la sentirebbe di escludere completamente l’eventualità di una catastrofica epidemia?” Ma cosa volete che risponda il virologo di turno al giornalista che lo sta così intervistando? E tra l’altro perché il virologo dovrebbe precludersi un qualche finanziamento che potrebbe scaturire dall’allarmismo? E così, avanti con frasi circospette che lasciano presagire il peggio, magari mentre scorrono sullo schermo immagini della “Spagnola” del 1918 o della Peste Nera del 1347.

E così tra infinite polemiche e sbalorditive iniziative destinate a svaporarsi nel giro di qualche settimana continuano a rifilarci cucchiaiate di paura. E li ringrazieremo quando, conclusa questa “emergenza”, saremo ancora vivi. Certo, come strategia di controllo sociale non è un granché. Ma in tempi come questi nei quali si direbbe cancellarsi il domani, può bastare.

 

Francesco Santoianni

www.francescosantoianni.it

 

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