Una “autobufala” di Carla Del Ponte: “Gas sarin in mano ai ribelli”

Stanno suscitando scalpore le dichiarazioni di  Carla del Ponte, divulgate dalla Radio Svizzera, sull’uso da parte dei “ribelli” siriani di gas Sarin.

Di Carla del Ponte,  già Procuratore capdel ponteo del Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Jugoslavia e attuale membro della Commissione ONU che indaga sui crimini di guerra commessi in Siria, penso tutto il male possibile ed escludo un suo ravvedimento umanitario.  Mi sono, quindi, chiesto il perché delle sue dichiarazioni, tra l’altro suffragate da nessuna prova.

Non essendo un esperto militare ma solo uno studioso di Difesa Civile ho cercato di comprendere – alla luce più che delle mie conoscenze, del buon senso –  se questo gas nervino possa essere stato davvero usato dai “ribelli”.

Certamente in combattimenti in aree urbane l’uso di gas può essere plausibile, ad esempio per stanare o uccidere nemici asserragliati in qualche edificio o in macerie. Ma si utilizzerebbero gas asfissianti o vescicanti, non certo il Sarin che  persiste per moltissimo tempo nell’ambiente e che per la sua abominevole letalità necessita di sistemi di protezione certamente più efficaci delle consuete tute NBC e di una ingente quantità di antidoti, quali, ad esempio, atropina,  da distribuire alle proprie truppe.

Tra l’altro la disseminazione di Sarin (al di là dello sgangherato attentato compiuto alla metropolitana di Tokyo nel 1995, da parte degli adepti della setta Aum Shinrikyo) non può avvenire tramite granate o armi da terra, se pur a media-lunga gittata, ma solo attraverso aeromobili che, per fortuna, pare, non siano ancora a disposizione dei “ribelli”. E se fossero stati usati dei Droni per disseminare il Sarin, questi avrebbero dovuto essere forniti ai “ribelli” o utilizzati in prima persona solo dagli USA o da Israele: una ipotesi questa, al momento, davvero improbabile.

E allora? Allora è probabile che la del Ponte, con le sue dichiarazioni sull’uso del Sarin (che fanno da contraltare a quelle di Obama “Non sappiamo ancora chi sta usando armi chimiche in Siria”) voglia, non già prendere le distanze dai “ribelli”, ma, semplicemente, rendere plausibili all’opinione pubblica il prossimo attacco dell’Occidente alla Siria “per scongiurare l’uso di armi chimiche”.

E dopo la Iugoslavia l’Iraq e la Libia è il turno di un altro “stato canaglia”.

Francesco Santoianni

 

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