Vedi l’Espresso, e poi muori

Ma perché mai l’Espresso, alla vigilia della imponente manifestazione #fiumeinpiena, trasforma in un terroristico “reportage”, annunciato da una altrettanto terroristica copertina (“Bevi Napoli e poi muori”), l’indagineNaples public health evaluation”  realizzata, ben quattro anni fa, per conto della CNIC – Commander, Navy Installations Command (una struttura della U.S. Navy preposta agli alloggiamenti del personale) sull’inquinamento in Campania?

Intanto due parole su questa indagine, che l’Espresso assicura essere stata svolta “su un’area di oltre mille chilometri quadrati” ed essere costata “ben 30 milioni di dollari”. In realtà, almeno per quanto riguarda l’acqua, l’indagine si occupa di quella dei pozzi che servono (per uso non potabile) alcune villette isolate date in fitto a dipendenti delle basi. Ed è agli inquilini di queste villette che la CNIC indirizza consigli quali, ad esempio, “Lavate i denti con la minerale e fate la doccia con occhi e bocca chiusa” e altre ovvie indicazioni.

Questo è bastato ai giornalisti de “l’Espresso”, forti di una loro davvero sbalorditiva affermazione “Gli americani scoprono che l’acqua dei pozzi clandestini riesce a entrare nelle condotte urbane” (di cui non siamo riusciti a trovare alcun riscontro nell’indagine, visto che in questa si afferma che l’acqua “potrebbe” finire negli acquedotti, non che ci sia già finita) per abbandonarsi a considerazioni come: “Ma ci sono minacce anche negli acquedotti cittadini: esce acqua pericolosa dal 57 per cento dei rubinetti esaminati nel centro di Napoli e dal 16 per cento a Bagnoli”. Il tutto condito con le dichiarazioni del “camorrista pentito” Carmine Schiavone “Non solo Casal di Principe, ma anche i paesi vicini sono stati avvelenati. Gli abitanti rischiano di morire tutti di cancro, avranno forse vent’anni di vita.

E per condire il tutto, ecco la “scoperta” della contaminazione da uranio; un elemento – è bene precisarlo – tipico delle zone vulcaniche, come la Campania o il Lazio, e che si manifesta con la risalita di gas Radon prodotto, appunto, dal decadimento dell’uranio. “Tra tanti dati inquietanti, spunta un incubo che finora non si era mai materializzato: l’uranio. Gli esami lo individuano in quantità alte ma sotto la soglia di pericolo (?) nel 31 per cento delle case servite da acquedotti: ben 131 su 458. Quando si va ad analizzare i pozzi, il mistero aumenta: è rilevante nell’88 per cento dei casi, mentre nel 5 per cento il livello diventa “inaccettabile”. Ossia in un pozzo su venti si riscontra una quantità di uranio che mette a rischio la salute. Tutti i campioni che superano il livello di allarme però sono stati scoperti nell’area di Casal di Principe e Villa Literno. Proprio lì dove il pentito Carmine Schiavone ha descritto processioni di camion dalla Germania che trasportavano fanghi nucleari gettati nelle discariche.”

Ancora più sbalorditive sono, poi, le affermazioni su misteriosi gas tossici che si leverebbero dalle falde freatiche e che, oltre a rendere inabitabile persino il “consolato di Piazza Garibaldi” (ma non stava di fronte al mare, a via Caracciolo?) sarebbe caratterizzato da “dosi di due composti cancerogeni elevate ma tollerabili” (?)

Va da sè che le “autorità” preposte – a cominciare da ABC, la società del Comune di Napoli preposta all’approvvigionamento idrico – in questi giorni, si stanno affannando nello smentire la bufala de l’Espresso, evidenziando i numerosissimi controlli e, anzi l’ottima qualità dell’acqua bevuta dai Napoletani. Ma chi volete che creda alle loro – sacrosante – affermazioni visto che l’Espresso acclama che  i dati dell’indagine del CNIC “sono stati resi noti da diversi mesi e sostanzialmente ignorati dalle autorità italiane.”. Ma che cosa di nuovo avrebbero dovuto fare, visto che la presenza di inquinanti nelle acque (che nessuno beve) dei pozzi in aree del napoletano e del casertano è nota da decenni?

Le sdegnate reazioni all’articolo dell’Espresso, (zeppo di altre assurdità , come – ad esempio – la lussuosa Villa Nike a Posillipo, che ospita l’Ammiraglio in Capo della Flotta Usa nel Mediterraneo, che risulterebbe abitabile per un massimo di tre anni) e le strampalate richieste del Popolo della Rete (dove sono in molti a chiedere di “andare a parlare con gli Americani per farsi dire finalmente la verità”) rischiano di disarticolare l’impetuoso movimento che. in questi giorni in Campania, sta riempiendo le piazze per dire – oltre al No agli sversamenti illegali e alla privatizzazione dei beni ambientali – NO al nuovo inceneritore che si vuole costruire a Giugliano: un colossale business reso ancora più lucroso dai nuovi incentivi deliberati dal governo Letta.

È questo il vero scopo del Gruppo De Benedetti – Caracciolo, proprietario del l’Espresso? Esacerbare gli animi per imporre la privatizzazione del servizio idrico a Napoli? O per fare accettare la “soluzione” dell’inceneritore? O per imporre una nuova gestione straordinaria dell’emergenza ambientale, magari condita con la sciagurata proposta del Movimento Cinque Stelle di affidare sostanzialmente all’esercito il controllo del territorio? O è solo una delle tante campagne allarmistiche lanciate in primis dal Gruppo De Benedetti – Caracciolo quali la “mucca pazza”, l’” influenza aviaria“, l’allarme Escherichia coli …?

Molte altre ipotesi potrebbero essere fatte. Forse ne parleremo un’altra volta. Per ora una piccola nota personale. Prima di scrivere questo articolo ero andato a trovare un amico che, tra mille difficoltà, porta avanti un caseificio nell’area di Acerra – nell’epicentro della “Terra dei Fuochi”, per capirci- . Mozzarella buonissima; bufale, terreni, acqua  e foraggio controllati con ammirevole scrupolo e meticolosità. L’ho trovato con la copia de l’Espresso aperta sull’articolo e un tratto di penna che ne sottolineava una frase:  “Nel dossier parlano della mozzarella di bufala, descrivendo l’allarme per la diossina, e dicono di averla analizzata: non forniscono i risultati ma spiegano che viene confezionata con latte non pastorizzato e, quindi, per precauzione e “alla luce dell’elevato timore” è esclusa dalle loro mense. Dalla Campania, infatti, non comprano né carne, né latte, né formaggi.” Con rabbia mi ha spiegato che non è così; da anni sono proprio gli Americani i suoi più affezionati clienti.  Ma ora, – mi diceva – chi crederà più ai marchi di qualità, ai controlli imposti anche da una popolazione che vuole finalmente difendere la sua  terra? Crederanno solo a quello che racconteranno i giornali e i loro sponsor. “Solo da qui. Solo Pomì” annunciava una pubblicità sul settimanale: i pomodori per le sue salse non provengono più dalla  “Fukushima d’Italia”, ma (sic!) dalla Pianura Padana.

Vedi l’Espresso, e poi muori.

 

Francesco Santoianni

 

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