Complimenti, Amnesty International (foto dalla Siria, parte seconda)

Finora, avevo perdonato di tutto ad Amnesty International. Ad esempio, la sua grottesca mobilitazione contro la “lapidazione” di Sakineh Mohammadi. Ricordate il faccione della donna iraniana che troneggiava su tutti i municipi? Aveva ucciso il marito (con la complicità dell’amante) e per questo sarebbe stata condannata (giustamente?) all’ergastolo. Ma per il nazisionista Bernard-Henri Lévy (che aveva lanciato la bufala), la donna era già stata destinata, da un “tribunale islamico”, alla “lapidazione per aver commesso adulterio”. Come assiduo “sostenitore” di Amnesty International (un po’ di spiccioli, ogni tanto) cercai di metterla in guardia: la sua forsennata campagna contro la “lapidazione in Iran”, invece di favorire il rispetto dei diritti umani, rischiava di essere il pretesto per togliere di mezzo (con una ennesima guerra) un altro Stato Canaglia. Non mi rispose nessuno.

Non era, invero, l’unica bufala di guerra che era stata consacrata da Amnesty. Ad esempio, la famigerata “testimonianza di una infermiera kuwaitiana” (in realtà, Nayirah al-Sabah, figlia dell’ambasciatore del Kuwait negli USA) che, su incarico della società di comunicazione Hill & Knowlton, aizzava alla guerra contro l’Iraq denunciando l’eccidio di neonati, compiuto dai soldati di Saddam, per impossessarsi di incubatrici. Stessa storia, anni dopo, con le bufale sulle fosse comuni in Libia e le decine di migliaia di manifestanti mitragliati dagli elicotteri di Gheddafi, tutte prese per buone e propagate da Amnesty. Eppure, nonostante ciò e le rivelazioni sempre più preoccupanti su Amnesty che cominciavano a diffondersi sul web, continuavo a pensare che, in fondo, più che complici dei Signori della Guerra, i suoi attivisti potevano, al più, essere considerati degli ingenui allocchi abbindolati da “notizie” che non riuscivano tempestivamente a verificare.

Poi, con il proseguire della guerra alla Siria, le cose si sono fatte più chiare. Partite alla grande con l’avvincente storia della blogger lesbica di Damasco, le bufale sono progressivamente diventate sempre meno credibili; lontanissime come qualità da quelle realizzate, nelle precedenti fulminee guerre, da esperti di strapagate società di comunicazione. E, così, oggi dalla Siria non arrivano altro che video grossolani, foto pacchianamente artefatte “testimonianze” autentiche come banconote da tre dollari… Tutta roba realizzata dai tanti disperati della guerra che – con familiari, parenti e, spesso, con un cellulare – improvvisavano “scoop” acquistati, per quattro soldi, da agenzie di stampa. “Assad bombarda con napalm le scuole”, “Cecchini di Assad sparano sulle donne gravide”, “Barili carichi di esplosivo, catrame e chiodi sganciati su inermi civili”, Sono questi gli sbracati “scoop”oggi disponibili sul mercato delle bufale dalla Siria. Inequivocabile pattume consumato dai media in – massimo – un paio di giorni per non far soffermare troppo i loro, pur disattenti, lettori/spettatori.

Oggi su questa immondizia troneggia la “notizia” delle foto degli 11.000 prigionieri torturati e uccisi dal regime di Assad. Pur  commissionata dall’immensamente ricco Emiro del Quatar, si direbbe che i soldi per costruire questa bufala non abbiano preso tutti la strada giusta, considerato che – con tanti ufficiali del regime siriano scappati all’estero e disposti (ovviamente dietro lauto compenso) a testimoniare qualunque cosa davanti alle telecamere – si basa sulle dichiarazioni di un anonimo “fotografo della polizia” e su dieci raffazzonate fotografie. Insomma, una bufala da quattro soldi; identificabile come tale da chiunque (ci sono riuscito pure io, figuriamoci) si fosse preso la briga di analizzarla.

Per questo, sono rimasto sbalordito davanti al comunicato di Amnesty International che consacrava questa bufala, riportando (dopo la dichiarazione di uno dei suoi ideatori , Sir Desmond de Silva, “le prove documentano uccisioni su scala industriale“) la frase “Le denunce sono compatibili con elementi emersi dalle ricerche di Amnesty International sulle torture e sulle sparizioni forzate compiute dal governo siriano e devono essere prese sul serio”, che dopo aver paraculato con un sibillino “Se confermate” così continuava “si tratterebbe di crimini contro l’umanità commessi su scala agghiacciante e obbligherebbero a chiedere nuovamente perché il Consiglio di sicurezza non abbia ancora deferito la situazione della Siria al procuratore della Corte penale internazionale“. Insomma, un altro Stato Canaglia da togliere di mezzo.

Incazzato nero per quella che ritenevo fosse ancora la dabbenaggine di Amnesty International, la ricontatto via mail per chiedere, sostanzialmente, come fosse possibile che con tanti “esperti”, giornalisti, “consulenti” vari… a sua disposizione, avallasse quella bufala, uscita – tra l’altro – giusto in tempo per far fallire la “Conferenza Ginevra 2”: ultima speranza per fermare una guerra che ha fatto, finora, centomila morti.

Con mia sorpresa, questa volta, qualcuno mi risponde: tale Riccardo Noury, Portavoce e Direttore dell’Ufficio Comunicazione Amnesty International. E dopo qualche scambio di mail, la conversazione già finisce a pesci in faccia.

Come sarebbe a dire “Cioè?” Mica posso dirvi cosa ci siamo detti sulle responsabilità di Amnesty International nel propagare bufale di guerra? Mi spiace, ma, per motivi legali, non è possibile rendere pubblica una conversazione privata se non vi è il consenso delle parti. Per questo ho scritto l’articolo. Che avete appena letto.

Francesco Santoianni

P.S

Il 27 gennaio, (il giorno dopo l’uscita del mio articolo) il Portavoce di   Amnesty International Italia ha pubblicato questo articolo sul suo blog. Dovrei essere soddisfatto? No. Credo che la “pezza” che Amnesty International Italia, pretende di rammendare sia peggio del “buco” (il suo vergognoso articolo – ancora on line – che pretende di attestare l’evidentissima bufala commissionata dall’Emiro del Quatar).  E invece di invocare “analisi indipendenti”, Amnesty International Italia farebbe meglio a scusarsi per avere (consapevolmente o meno) cercato di affossare la Conferenza “Ginevra 2”.

Francesco Santoianni

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